La democrazia nel XXI secolo

Il calo della democrazia degli stati nel mondo attuale  inducono a ricercare le ragioni, che sembrano essere sia economiche sia geo-politiche.

In questo ultimo decennio i diritti politici e le libertà civili garantiti dagli stati democratici sembrano essere sotto attacco e recentemente la situazione si molto acuita in tutte le regioni del mondo.

Non molto tempo addietro, dopo la seconda guerra mondiale e, soprattutto dopo la caduta dell’impero sovietico, i regimi democratici sembravano avere vinto la loro secolare battaglia.

Questo lo riporta uno studio che ogni anno Freedom House, un’organizzazione americana indipendente, pubblica attraverso un rapporto, “Freedom in the World”, che riporta le valutazioni sul grado di libertà di oltre 200 paesi. La metodologia adottata assegna ad ogni paese  un indicatore sintetico che può oscillare da 0 a 100. Questo a sua volta è composto da 25 indicatori, che oscillano tra 1 e 4 e misurano il grado di libertà in base a diversi parametri che traggono origine dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

Secondo Freedom House, la percentuale di Paesi che possono considerarsi democratici (in termini di diritti politici, civili, economici, di opinione e altro), dopo essere cresciuta dal 35 al 48 per cento fra il 1987 e il 2007, si è ridotta al 45 per cento negli ultimi dieci anni e Paesi come Turchia, Venezuela, Ungheria e Polonia, che parevano essersi avviati a diventare solide democrazie, hanno riportato un duro peggioramento negli ultimi anni. Anche se esistono Paesi in cui il sistema politico e civile è migliorato, si è invece ampliata la forbice fra il numero degli stati in peggioramento e in miglioramento. I segnali più preoccupanti provengono dagli Stati Uniti, per molti decenni considerato paese leader dei valori democratici e sia Freedom House che The Economist Intelligence Unit, da qualche tempo, non assegnano più un punteggio pieno agli Usa, anche se i meccanismi presenti nel sistema statunitense risultano ancora saldi, nonostante la leadership americana nel mondo sia in calo.

Alla caduta dell’egemonia americana non ha corrisposto un maggiore intervento dell’Europa e del Giappone, cioè delle economie liberali storiche, ma si è assistito ad un aumento dell’attivismo dei due paesi tradizionalmente autocratici, Russia e Cina.

La prima ha cercato di interferire nelle ultime elezioni americane, francesi e tedesche e, forse, italiane, supportando i partiti xenofobi, e sostenendo militarmente i regimi autoritari nel Medio Oriente.

La seconda, presenta ambizioni egemoniche più globali e il potere economico è stata la migliore arma. La recente decisione di abolire il limite di eleggibilità del presidente in Cina, il rigido controllo dei social network e la forte repressione dei dissidenti residenti all’estero, sembra rendere più improbabile il passaggio del sistema verso la democrazia.

Oggi il mondo è diventato multipolare e il modello occidentale si è rivelato meno seguito da numerosi paesi emergenti sul piano economico, che considerano la democrazia un sistema non efficiente. La Cina è un esempio. Si tratta di una sfida da dover affrontare con determinazione, perché è evidente come i paesi meno democratici siano più inclini a seguire i conflitti militari.

Danilo Turco

Refugee Facility: uno strumento per la cooperazione tra Unione europea e Turchia

 

La Turchia, data la sua posizione geografica, è un Paese particolarmente interessato dalle attuali dinamiche dei flussi migratori. Questo Stato ospita più di 2.5 milioni di persone tra rifugiati e richiedenti asilo e ha già speso più di 7 miliardi di euro delle sue risorse per far fronte a questa problematica. Il 15 ottobre la Commissione europea ha raggiunto con la Turchia un’intesa per un Joint Action Plan al fine di costruire una cooperazione nella gestione dei flussi migratori sulla base di sforzi coordinati e per affrontare in modo più adeguato la questione della crisi dei rifugiati. Al Consiglio europeo del 15 ottobre 2015, i Capi di Stato e di Governo dei 28 Stati Ue supportarono l’accordo e il Piano d’azione congiunto. L’Action Plan individua una serie di condotte prioritarie e urgenti che l’Ue e la Turchia devono attuare mediante azioni congiunte e coordinate al fine di gestire l’ampio numero di persone che, sul suolo turco, richiedono protezione.

La Commissione europea il 3 febbraio 2016 ha accolto l’intesa tra gli Stati Ue sui dettagli relativi ai 3 miliardi di euro del Refugee Facility per la Turchia, un supporto che la Commissione suggerì il 24 novembre sulla base di una proposta di cooperazione Ue – Turchia per la gestione dei rifugiati. La Commissione ha concordato di aumentare il suo contributo a 1 miliardo di euro, rispetto ai 500 milioni in origine proposti a novembre. L’Ue ora sarà in grado di stanziare velocemente nuove risorse finanziarie a sostegno delle comunità ospitanti per far fronte alla presenza in Turchia di rifugiati siriani sotto protezione temporanea.

Lo strumento del Refugee Facility per la Turchia è la risposta alla richiesta del Consiglio europeo di un significativo finanziamento addizionale per supportare i rifugiati presenti sul suolo turco. Un meccanismo di coordinamento congiunto è previsto per le azioni finanziate con il budget dell’Ue e con i contributi nazionali degli Stati Ue al fine di garantire una gestione coordinata ed esaustiva delle necessità dei rifugiati e delle comunità ospitanti. Al fine di garantire il coordinamento, la complementarietà e l’efficacia dal punto di vista del finanziamento, il Comitato direttivo del Refugee Facility fornirà una guida strategica e deciderà quali tipi di azioni saranno supportate e mediante quali strumenti finanziari. Il Comitato direttivo sarà composto da rappresentanze della Turchia, degli Stati membri e della Commissione. Inoltre tale Comitato eseguirà il monitoraggio e la valutazione sull’implementazione del Refugee Facility.

L’assistenza fornita con il Refugee Facility sarà subordinata alla conformità da parte della Turchia dello Ue-Turkey Joint Action Plan, che mira a strutturare la gestione dei flussi migratori e ad arginare il fenomeno dell’immigrazione irregolare e, allo EU-Turkey Statement del 29 novembre 2015.

 

Danilo Turco

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