Valentina Della Seta, scrittrice, collabora con Domani, GQ, Rivista Studio.
“Era passato l’inverno e non avevo fatto altro che invecchiare”
Quale relazione tesse la protagonista del suo romanzo tra Tempo e Corpo?
La protagonista all’inizio del romanzo vive in uno stato leggermente disancorato dalla realtà: non ha rapporti stretti non nessuno, lavora da sola, attraversa una serie di giornate tutte uguali e non si accorge del tempo che passa. Al corpo non sembra dare peso, se ne prende cura ma fa in modo di non occupare troppo spazio, di non inquinare, per questo va in bicicletta e fa la spesa al mercato di quartiere. Le cose cambiano quando sente il desiderio di una relazione. Immagina una relazione e si percepisce inadeguata, vede il proprio corpo in una luce che evidenzia uno per uno i cambiamenti legati al passare del tempo. Si accorge che in un certo senso è tardi, ma questa cosa la risveglia, le dà la possibilità di smettere di vivere da sonnambula e cominciare ad assaporare intensamente i momenti.
Questo è un libro che gratta il fondo della sfera affettiva; vaglia meticolosamente i sentimenti, emozione, ossessione, attrazione, passione, per poi scaraventarli, di nuovo, sul fondo, senza sterili edulcorazioni.
Qual idea ha voluto che emergesse dei rapporti umani?
Non volevo esporre alcuna tesi sui rapporti umani, ho cercato di raccontare una storia di persone che si incontrano al di fuori dei circuiti abituali e che quindi non hanno molto in comune se non la voglia di aprirsi e fidarsi di un certo tipo di esperienze. Mi ha sempre affascinato l’infinita varietà di persone che esistono e si possono incontrare nel mondo; e l’infinita varietà di relazioni, anche inaspettate, che possono nascere. I personaggi del mio romanzo forse hanno in comune il coraggio di mettere in campo le parti più istintive di sé, quelle che rimangono quando ci togliamo gli abiti di scena legati al lavoro e al contesto sociale, culturale, familiare.
Oggidì, il corpo messo al centro del dibattito nella società contemporanea è quello muliebre. Quali forze diverse ed in contrapposizione si combattono su questo campo?
Mi sembra che al centro del dibattito ci sia il corpo di tutte e tutti, non solo quello delle donne. C’è il corpo delle donne che ha conquistato la libertà (purtroppo ancora solo in una parte di mondo, e lotteremo fino a che non sarà così per tutte e tutti) dopo secoli in cui è stato tenuto segregato nelle case, nelle cucine, nei salottini, lontano dalla vita pubblica e dal piacere sessuale. C’è anche il corpo degli uomini, che può smettere di uniformarsi a codici di abbigliamento, comportamento e identità che a molti andavano stretti. C’è il corpo delle persone trans e il corpo fluido. C’è il corpo disabile, che rivendica spazi e desideri. Più che alle contrapposizioni mi piace pensare alle cose che uniscono: l’avere un corpo è un’esperienza universale.
“Non ho avuto voglia di rispondere, mi sembrava che il nostro modo di stare insieme ci portasse a un livello di verità che non aveva bisogno di troppe parole. Una volta tanto non avevo dubbi su me stessa e non mi sentivo fuori posto”
Cosa determina il riscatto della donna sul corpo?
La donna del romanzo più che altro cerca un riscatto dall’insicurezza che la tiene lontana dagli altri. E in parte lo trova quando si affida totalmente ai desideri, al corpo, all’attrazione che prova per P. Lei smette di pensare, di farsi domande, si butta nell’avventura e nell’inaspettato. Le ore piene è un romanzo di scoperta, un romanzo d’amore.
La sua prosa non vela, non omette, non camuffa: il lessico è volutamente inequivocabile. Perché ha desiderato non intaccare l’esplicita logica connessione lettura-comprensione?
Ho cercato a lungo una voce che mi permettesse di raccontare questa storia, quando l’ho trovata è stata lei a dettare le parole e il ritmo delle frasi. Credo si tratti di una voce molto diretta ma nello stesso tempo timida, che ha paura di invadere, di annoiare l’interlocutore. Credo anche che la paratassi in un testo non equivalga per forza a una freddezza. Ho usato tante virgole, anche dove avrei potuto usare il punto o i due punti. Mi piacciono le possibilità lasciate aperte dalla virgola, amo la sua morbidezza.
Giuseppina Capone